Sarà sempre “Il nostro concerto”

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È una delle più belle canzoni del panorama musicale italiano, mi riferisco al meraviglioso brano di Umberto Bindi Il nostro concerto, che è sicuramente la mia canzone preferita in assoluto degli anni 60.

Una canzone che ogni volta mi tocca dentro, mi emoziona e mi porta a piangere.

Bindi che purtroppo non è riuscito ad avere la carriera che meritava, è stato emarginato dal mondo della musica e della televisione per aver dichiarato la sua omosessualità cosa che all’epoca, anni 60, 70, 80 era vista come tabù.

Erano anni in cui la sottocultura borghese e moralista entrava nelle case tramite la televisione.

Quella che oggi definiamo paura del diverso, altro non è che disinformazione e trionfo dell’ignoranza, allora c’era più che mai.

Il rischio di mettere a repentaglio una carriera passava anche attraverso verità di questo tipo.

Umberto Bindi era un membro della scuola musicale genovese.

Si differenziava dal contesto, era un personaggio schivo e riservato, ascoltava 7 ore di musica classica al giorno, come dicono gli amici che l’hanno conosciuto.

Scrisse numerose canzoni per altri artisti.

E’ del 59 ”Arrivederci”, cantata anche da Mia Martini, altro personaggio con la quale l’ambiente non è stato mai amicale.

Con l’amico Gino Paoli pubblica molte canzoni, e ancora con Califano, con Ornella Vanoni, con Iva Zanicchi.

Il brano “Il mio mondo” fa successo ovunque. E ancora ”La musica è finita”, divenuta un classico del suo repertorio, che la rendono quasi un triste presagio sulla sua vita.

Ma è con ”Il nostro concerto” che Umberto Bindi compone un brano divenuto icona. Umberto Bindi trasporta l’ascoltatore in una dimensione fatta di pianoforti ed archi.

Sguardi lontani e mani che si cercano, un amore perduto che supera lo spazio e il tempo con una voce struggente.

Nel 1988, al Maurizio Costanzo Show, Umberto decide di dichiararsi, denunciando le ingiurie che è stato costretto a subire nel corso dei suoi anni. Cadde in disgrazia negli anni 90, senza più un soldo, al punto che l’amico Gino Paoli chiese di applicare per lui la legge Bacchelli, che prevedeva un sostegno economico per chi, famoso, avesse difficoltà economiche.

Il 23 maggio del 2002, “la musica è finita” davvero. Ma mai le note del suo concerto. La sua grandezza prende vita proprio nella delicatezza e nel modo silenzioso, con la quale la sua musica, nel corso degli anni, si è resa superiore a qualsiasi critica . Perchè se si perde il diritto di essere diversi, si perde il diritto di essere liberi.

“Ovunque sei, se ascolterai accanto a te mi rivedrai…” l’amore è più forte delle distanze, abbatte ogni barriera e comunica da cuore a cuore, così basta prestare un po’ attenzione per sentire il calore della persona amata sempre al nostro fianco.

Un testo semplice, breve ma che ti entra nell’anima o almeno a me è così che accade, con una violenza emotiva senza eguali.

Su quell’eco del concerto, ritrovare e rivedere il volto della persona amata. Alla fine tutti abbiamo una canzone, un libro o una situazione che ci ricorda una persona non vicino a noi.

Ovunque sei, mi ritroverai….

Quando le parole hanno tanto significato, quando il silenzio diventa difficile da sopportare, quando i ricordi sono l’unico rifugio per lenire il dolore dell’anima.

Quando lascio che il tempo solchi la mia pelle come a volerla trasfigurare, quando cerco uno sguardo ed un contatto per ritrovare il sorriso, l’unico sollievo è in questo luogo dove ti ritrovo con tutta la forza dei mie pensieri, per ricordarmi che comunque ci sei, ovunque tu sia.

Ci sei ovunque, non occorre che io legga tra le righe del mio cuore per capire cosa nasconde al suo interno, basta che io apra gli occhi e sento la tua mancanza, basta che io mi lasci portar via dal ritmo della musica e mi ritrovo immersa nei ricordi che ci appartengono,basta che io mi racchiuda nel buio notturno perché il mio animo ritrovi il calore di ogni piccolo gesto, basta che io pronunci il tuo nome perché risuoni in me il suono della tua voce che vola leggera nella mia mente, basta che io assapori il profumo dell’aria perché mi riporti nella tua delicata essenza, basta che io viva, per sentire che tu ci sei, ovunque sono io.

Vorrei abbinare una poesia a questo capolavoro musicale.

E’ QUEL CHE E’
di
ERICH FRIED

E’ assurdo
dice la ragione
E’ quel che è
dice l’amore
E’ infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
E’ vano
dice il giudizio
E’ quel che è
dice l’amore
E’ ridicolo
dice l’orgoglio
E’ avventato
dice la prudenza
E’ impossibile
dice l’esperienza
E’ quel che è
dice l’amore…

L’amore non sa fare calcoli, non si cura delle conseguenze, vive d’istinto e di passione.

L’amore è quello che può dare, senza volere niente in cambio. L’amore non ha timore di sfidare la paura. L’amore non si fa etichettare.

L’amore è quel che è senza se e senza ma, è quello che il cuore detta dalla realtà del presente.

L’amore non si veste di orgoglio, ma sa essere paziente. Per un amore degno di questo nome niente è impossibile, niente è immeritevole di essere vissuto, niente è inutile.

Il tarlo dell’amore trova in questi versi di Erich Fried una delle più belle risposte. Fiumi di parole lasciano il posto ad una semplicissima definizione, l’amore non è nient’altro che quel che è.

Ma chi è Erich Fried?

Erich Fried era un poeta austriaco di origine ebrea, costretto come molti altri a fuggire in Inghilterra dopo che suo padre fu ucciso a botte dalla Gestapo. Nato nel 1921, morì nel 1988. Ha pubblicato molti libri di poesia, racconti, un romanzo ed è stato traduttore dall’inglese, soprattutto di Shakespeare.
La sua poesia ha trattato spesso temi politici, è stata anche una poesia di dissenso e di denuncia.
Ma questa è una poesia semplice. Ingenua forse si direbbe. Ma che dice ciò che è l’amore, é quel che è….

Angela Amendola 

1 COMMENT

  1. Bellissimo articolo, toccante e artistico, come l’arte di cui parla…
    Complimenti e grazie!

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