Un mondo in ginocchio vuole verità

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Da settimane si alzano più voci contro la Cina.

Sono molte le nazioni a voler sapere cosa sia realmente successo perchè ciò che ha scatenato l’epidemia globale è stata solo la mancanza di verità.

Se la Cina avesse subito denunciato l’esistenza del nuovo virus, le reali dimensioni dell’epidemia a Wuhan, oggi, probabilmente, non saremmo costretti a vivere in quarantena.

Eppure la Cina ancora non rivela il numero reale dei morti, né quello dei contagi.

Il numero dei morti per coronavirus in Cina potrebbe, essere molto più alto di quello riportato dai dati ufficiali.

Di questa probabilità, che le autorità cinesi abbiano mentito sul bilancio delle vittime, se ne parla da settimane.

Adesso, però, la notizia della chiusura di ben 21 milioni di account telefonici nel paese, cinese fa aumentare i sospetti.

Dove sono finiti questi utenti?

Ma cosa importante, questo dato ha a che fare con i decessi?

Proprio in Cina, più che in altri parti del mondo, gli smartphone sono un oggetto essenziale alla vita quotidiana.

Qui il livello di digitalizzazione è molto alto, le persone non possono sopravvivere senza un cellulare. Fanno tutto dal cellulare e non solo i giovani.

Ad alimentare il mistero è che in Cina sembra sparita nel nulla la dottoressa di Wuhan che per prima aveva denunciato l’allarme riguardo all’imminente epidemia da coronavirus.

China coronavirus cover-up: Wuhan whistleblower disappears in ...

È da settimane che Ai Fen è misteriosamente introvabile; si ritiene che la sua scomparsa sia legata alle critiche fatte per il modo in cui le autorità hanno gestito l’emergenza-Covid-19.

Era divenuta famosa, ma scomoda al regime, per essere stata il primo medico locale a individuare, più di un mese prima che il governo di Pechino accertasse l’esplosione dei contagi, un campione di pazienti caratterizzato da sintomi riconducibili a una malattia sconosciuta.

Ma non è stata ascoltata o meglio è stata silenziata.

Ma altre sparizioni risultano misteriose.

Un “ whistleblower” cinese lo è da 2 mesi.

Non si hanno più notizie da quando ha cominciato a raccontare l’epidemia di coronavirus, sfidando il Partito Comunista Cinese che è molto restrittivo in tema di informazione.

Armato di smartphone, teneva aggiornati i cinesi attraverso i social riguardo l’evoluzione dell’epidemia poi però è sparito nel nulla.

Wuhan virus citizen journalists Fang Bin, Chen Qiushi go missing ...

Si tratta di Fang Bin, un semplice venditore di abiti tradizionali cinesi che ha sentito la necessità di mostrare quello che vedeva. Quindi, ha pubblicato video di ospedali sovraffollati a Wuhan, filmati di sacchi di cadaveri accatastati in attesa di essere condotti in un forno crematorio…ecc…

È lui l’uomo che come altri “whistleblower” (una sorta di “free lance journalist”), ha ricevuto la visita di cinque ufficiali cinesi a casa.

Una scena che ha ripreso e pubblicato su YouTube per far capire come funziona l’apparato di sicurezza cinese. Nel giro di una settimana non ha pubblicato più nulla, poi il suo telefono è risultato spento.

Certo, non c’è da farsi troppe illusioni perchè nel nostro Paese continua a non essere facile parlare apertamente della Cina. È bastato che dagli archivi RAI riemergesse un servizio datato 2015 sulle sperimentazioni sui virus corona effettuate nell’Istituto di Microbiologia, che tanti si sono affrettati a smentire…

La possibilità che il virus sia davvero fuoriuscito dall’istituto Microbiologico di Wuhan è perfettamente compatibile anche con l’idea che sia sfuggito da un laboratorio impegnato a potenziarlo.

Resta spiegabile perché la Cina non abbia avvisato tempestivamente il mondo di ciò che stava accadendo e abbia cercato di mantenere il segreto, fino al punto di esercitare pressioni di Polizia sul giovane medico Li Wenliang che per primo provò a dare l’allarme e che successivamente è morto della stessa malattia.Coronavirus, morto il medico Li Wenliang: diede l'allarme ma non ...

Siamo in tanti a chiederci come la Cina abbia prontamente fermato la pandemia, salvo poi pensare che il regime fosse ben allenato grazie ai suoi studi sull’ebola o sulla Sars.

Ma a dirlo a voce alta e non solo pensarlo, si rischia di passare per razzisti a definirli untori come è successo all’inizio di tutto, ai tempi di “abbraccia un cinese” o “mangia anche tu un involtino primavera”.

Come finirà? Sapremo mai cosa è successo?

Angela Amendola 

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