È l’ultimo canto del Paradiso, quello che è stato definito “il canto della visione di Dio“.
L’esperienza di Dante nell’oltretomba è oramai conclusa poichè il Sommo è giunto alla meta del suo itinerario, a Dio.
Dante voleva stabilire un punto di incontro tra la sua natura gravata dal misero fardello del corpo, soggetta alle leggi inesorabili del tempo, e l’eternità dell’Altissimo.
Ma una frattura insanabile risolverà questo rapporto difficile tra l’umano e il divino.
Dante vive il suo dramma interiore quando matura la consapevolezza di essere in grado di intuire la verità suprema, ma di non riuscire a portarla nella sua umanità.
Non può rinunciare alla sua natura umana che tutto riceve per illuminazione della grazia divina.
Ecco che allora si rende necessaria la premessa dell’invocazione alla Vergine Maria che coinvolge la preghiera di Beatrice e dei beati in favore del Sommo, che viene ammesso per grazia divina alla presenza dell’Onnipotente.
La Vergine Maria era presente quando Dante si smarriva nella selva oscura e c’è anche nel momento della visione di Dio, al culmine della sua esperienza mistica.
È la Madonna la mediatrice di grazia divina.
San Bernardo di Chiaravalle rivolge una appassionata supplica alla Vergine affinchè interceda presso Dio e il poeta possa penetrare i misteri dell’universo pur essendo in un corpo mortale.
Nel giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione, ci chiediamo chi è Maria?
É la donna che non dà ascolto al serpente, è la donna semplice che obbedisce a Dio perchè si fida di Lui, è la donna che accoglie le sue parole.
È la Vergine che non sarà mai sporcata dal peccato originale, perchè è perfettamente pura sin dal seno materno.
È piena di grazia perchè il suo grembo darà la vita al Salvatore del mondo.
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
Piera Messinese
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