Germe di grano

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Ci sono segreti che neanche dopo la nostra morte, vorremmo fossero svelati.

Cara vecchia prozia sei morta e a me tocca il doloroso compito di disfarmi delle tue cose.  In queste stanze c’è tutta la tua vita e quella della tua famiglia.

Molte cose inutili, vecchie cianfrusaglie, immagini e quadri di Madonne e Santi, l’immagine impolverata di Padre Pio. Alcuni a me sconosciuti, mai visti o sentito parlare di loro.

Cosa devo fare di tutte queste cose?

Per molti è solo roba vecchia, ma sono gli oggetti che mi hanno visto crescere e davvero, non ho cuore di buttare via, ma dove posso metterli?

Anche tenendoli, quando ti raggiungerò, saranno i miei figli a buttare via tutto perché per loro saranno solo cose senza alcun valore, con le quali non avranno alcun legame affettivo. Per adesso metterò tutto negli scatoloni, poi si vedrà. Sotto una spessa coltre di polvere, ci sono le macchine da scrivere che sono state il tuo pane e che, con pazienza ed amore, mi insegnasti ad usare.

Ricordo che quando le mie dita finivano in mezzo ai tasti, sorridevi perché era un passo verso la sapienza! Con il dito dolorante in bocca, ti guardavo senza rispondere. Col tempo mi convinsi che avevi ragione.

Nel cassetto della tua scrivania, un vecchio rosario rotto, ma conservato gelosamente insieme ad altri, con le palline sbiadite. La scatolina dove raccoglievi il denaro guadagnato, ora vuota. Nel secondo cassetto la carta carbone, che ormai non tinge più e qualche foglio A/4, ingiallito dal tempo.

Il terzo cassetto è vuoto, pieno solo dell’aria dei miei ricordi di bambina. Mi fermo un attimo a pensare, apparentemente ho lo sguardo perso nel vuoto, in realtà mi viene in mente che adesso, finalmente posso aprire quel cassetto da quale allontanavi le mie curiose manine.

Potevo toccare tutto ma non quello!

Mi dirigo verso la stanza dove c’è l’antico comò a cui a nessuno era permesso avvicinarsi. Era solo il primo cassetto in realtà l’intoccabile, ma ricordo di essere riuscita a dare una sbirciata, una volta che lo avevi incautamente aperto davanti a me, ed ero quasi rimasta delusa, perché c’erano solo lettere…come poteva una bimba sapere che forse quelle lettere potevano contenere qualcosa di importante?

Col tempo dimenticai il comò col suo cassetto off-limits, ma adesso è a mia disposizione.

Sai zia, io quasi mi sento in colpa, perché in questo cassetto sicuramente ci saranno i tuoi più intimi segreti, custoditi per tutta la vita.

Non ti sei mai sposata ma non significa che tu non abbia mai amato. In fondo conosco poco della tua giovinezza, se non le poche cose che mi hai raccontato, del tuo lavoro, dei tuoi capelli neri e ondulati, ma mai hai parlato di un innamorato, forse per pudore. Ora è arrivato il momento, sono certa che a te non dispiacerà.

Apro quasi furtivamente il cassetto pesante che si apre con difficoltà, devo fare forza perché il legno, a causa dell’umidità, si è gonfiato. È come se tu fossi qui, mi aspetto da un momento all’altro, la tua mano che allontana la mia dal cassetto e poi, il tuo occhio che controlla se per caso ho aperto.

Zia cara, nella tua lunga vita, hai amato tanto e quando io sono arrivata, hai fatto di me la nipote prediletta. Da bambina, scappavo da casa per venire da te e quando mi vedevi arrivare, mi accoglievi col sorriso.

Mi abbracciavi, appoggiando la mia testolina sul seno prosperoso e sognavi per me, un futuro da scrivana.  Il cassetto è aperto davanti a me e i miei occhi increduli guardano tutte quelle vecchie lettere, conservate in ordine, mucchietti legati con un nastrino nero sbiadito dal tempo e tra le pieghe del fiocco, tanta polvere.

Prendo il primo mucchietto, così a caso e faccio per slegare il nastro che mi si disintegra tra le dita.

Chissà se mai avrai riletto quelle lettere, se avrai pianto o sorriso, leggendole o se la rabbia o la nostalgia abbiamo pervaso il tuo corpo.

Chissà!

Sono chiaramente lettere indirizzate a te, la grafia è ordinata ed elegante.

Cerco un posto per sedermi e dove se non alla tua scrivania? Presa da una curiosità quasi morbosa, inizio a leggere. È una sensazione strana sapere che fra poco conoscerò la tua vita, quella che nessuno o quasi, ha mai conosciuto.

Non prendertela a male per questo, fosti tu ad insegnarmi che non sempre la curiosità è un difetto! Qualsiasi cosa conterranno queste lettere, il mio amore per te, resterà uguale a quando mi tenesti tra le braccia per la prima volta.

Apro e c’è una data, scritta in alto a destra, come si usava per le lettere personali. Mi rendo conto da subito che si tratta di lettere d’amore, spedite dal fronte.

Hai mantenuto il tuo segreto per tutta la vita, avresti dovuto immaginare che dopo la tua morte, qualcuno li avrebbe violati.

L’unica possibilità era che distruggessi tutto. I miei occhi golosi, affondano tra quelle parole.

Dolcissime parole da parte di un soldato, a volte speranzoso, a volte disperato. C’è quasi un anno di corrispondenza, l’ultima lettera è datata 20 agosto 1917.

Dopo il nulla.

E capisco il perché. Solo un doloroso silenzio, nascosto dai frammenti di un nastrino nero.

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