Art 34 della Costituzione Italiana:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
È bello questo articolo non credete?
È quasi poetico, utopistico… i capaci ed i meritevoli anche se non abbienti possono raggiungere i gradi più alti degli studi. Chi è l’alunno capace? Chi è il meritevole? Cos’è il merito? Si può misurare? Esiste il meritevole su tutto? O il merito segue dei settori? Il merito è sacrificio o è talento istantaneo? E il “non merito”cos’è?
La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde.
La scuola dell’obbligo ne perde per strada 462mila l’anno”, si leggeva nel 1967 (un anno prima del fatidico ’68) in Lettera a una professoressa, firmata dai ragazzi della Scuola di Barbiana di cui era promotore e anima Don Lorenzo Milani, che proseguiva: “A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e le fabbriche”.
Anche queste 150 pagine sono preziose… ma forse annientate, e sí ne sono sicura, venti anni di politica scolastica sbagliata, hanno eliminato il merito ed hanno annientato la scuola. Ed all’annientamento della scuola, ha contribuito in toto la sinistra svendendo il merito, appiattendo l’istruzione.
Ed oggi la Destra, da sempre classista nell’educazione, rispolvera il merito riappropriandosi di un concetto educativo che era ad appannaggio della Sinistra.
Non sto scrivendo un trattato ma una carrellata esperienziale, la mia esperienza professionale.
Io non ho mai incontrato studenti meritevoli su tutto e su tutto allo stesso modo. Il merito si poggia sul talento, sicuramente, ma si poggia anche sul sacrificio, la passione, la dedizione, lo studio.
Anni fa, quando ho iniziato ad insegnare era il 2007 , c’era quella sana voglia di riscatto che pervadeva i miei alunni. Volevano riscattarsi, dimostrare che anche se figli di operai o contadini, ne sapevano di più, ad esempio,dei figli di dentisti.
Volevano essere al centro della scena educativa con prepotenza e scelleratezza generazionale. Ma i ragazzi ora sono cambiati, e anche noi docenti siamo cambiati tra competenze trasversali, soft life skill… noi insegnanti siamo diventati dei burocrati sfigati perché prendiamo poco, siamo precari e non bastano tredicimila concorsi e diecimila competenze e l’amore per la materia.
I ragazzi lo sentono questo, e si perdono nei viali di noia e sbadigli quotidiani. E ancora, non contenti abbiamo inventato diecimila etichette: bes, dsa, h, nai , POF, PON, e vengono dati ai ragazzi a volte a caso, quasi per rendere la nostra coscienza più leggera, etichette alcune utili, altre un po’ meno e con tante certificazioni.
E noi cerchiamo di misurare il merito, sulla base di elementi disgreganti. E lo misuriamo su canoni oggettivi poco chiari e sicuramente soggettivi.
Il talento da solo serve a poco se non è accompagnato dal sacrificio.
E le nostre scuole sono come ospedali incapaci di curare i malati e che fanno” ammalare “gli studenti sani. Sí perché se mi togli il merito e non premi l’alunno, il ragazzo si perde. E se non mi curi il malato, questo morirà.
Siamo diventati tik tokettari, siamo social, ci facciamo le foto in costume per fare capire ai ragazzi, che siamo giovani e belli, ed anche noi ascoltiamo “bello figo e sfera e basta”.
Ma noi non siamo loro…e loro sono i nostri unici giudici. Non sono nostri giudici, né il dirigente scolastico né i genitori. Sono loro, i nostri ragazzi. Che abbiamo dimenticato dietro a competenze trasversali. La scuola ha smesso di essere scuola.
Chi osa insegnare?
Prima devi stilare i documenti, formare i docenti che ogni anno affolleranno le segreterie, congedare i vecchi insegnanti, sarai accorpato, sarai perdente posto e ti arrabbierai… ed entrerai in classe con la faccia di chi vorrebbe essere in Vietnam negli anni 60 a schivare le bombe al napalm piuttosto che Saverio della prima fila.
Forse se i metodi tornassero ad essere più umani… forse se in classe, il metodo riuscisse a tornare a metà strada tra collettivo e particolareggiato, forse se sostituissimo i vecchi metodi valutativi con nuovi, forse se spiegassimo ai ragazzi che la valutazione è un’ istante che può essere sconfutato un minuto dopo.
Forse se dicessimo ai ragazzi che la scuola è la metafora della vita, cadi, ricominci, cadi, ricominci, lotti, sei solidale con i tuoi compagni, fai squadra, rispetti l’adulto… piccole cose chiare e semplici… eliminare il fluido educativo con i fari italiani. Riprendere i grandi e modernizzarli. Educatori, pedagogisti, grandi insegnanti del nostro passato, dobbiamo renderli moderni.
Noi dobbiamo avere voglia di stare con i ragazzi e supportarli, dobbiamo ridere con loro e non aver paura a premiare chi va bene, ma la scuola non deve perdere chi va male. Lo deve portare avanti come chi fa bene, perché sarà uno bravo se lavoreremo insieme … bisogna lavorarci sui nostri ragazzi come materia viva da plasmare secondo coscienze vive, libere e critiche. Noi dobbiamo avere coraggio.
Noi insegnanti dobbiamo tornare ad essere coraggiosi e scommettere su Alessandro, Flavia, Luca … noi dobbiamo tornare a scommettere su di loro e non criticarne ogni singolo aspetto… si perché noi non siamo tanto diversi dai nostri ragazzi… assolutamente.
Prof.ssa Simona Bagnato
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