Anno bisesto, anno funesto!
È così che recita un famoso detto.
E c’è da dire che il 2020, anno bisestile, è davvero iniziato nel peggiore dei modi.
Tutto è partito “dal cuore di Oriente“, da una megalopoli cinese, la città di Wuhan, dove si è diffusa una epidemia di COVID19 il cui agente patogeno è, appunto, il Coronavirus.
È stato identificato nel dicembre 2019 e i primi casi di infezione hanno coinvolto i lavoratori del mercato del pesce cittadino di Wuhan nel quale si vendono animali vivi.
Nel giro di pochi giorni Wuhan è diventata una città in quarantena: strade deserte perchè gli abitanti sono stati invitati a non uscire di casa… bloccate le stazioni ferroviarie, la metro, aeroporti, traghetti.
Centinaia i contagi e i morti. Lo scenario è apocalittico.
Ma l’epidemia non ha tardato ad estendersi coinvolgendo altri Stati tra cui, in maniera particolare, l’Italia dove sono stati individuati due principali focolai di infezione, in Lombardia e in Veneto.
Ciò è stato sufficiente affinchè una dozzina di città venissero messe in quarantena con negozi, scuole, uffici chiusi.
Il bollettino è triste: ad oggi centinaia di contagiati e 29 morti.
È psicosi perchè si ha paura del contagio.
La letteratura ci è di ausilio in queste circostanze per comprendere il comportamento delle masse.
Naturalmente non si può non ricordare Manzoni quando nel suo romanzo storico, “I Promessi Sposi”, descrisse la grande catastrofe che nel 1630 travolse la città di Milano colpita dalla peste bubbonica.
Era stato l’esercito dei Lanzichenecchi che l’aveva portata con sè, attraversando il territorio lombardo.
I corpi erano devastati dal morbo mentre attendevano di cadere nelle mani dei monatti per finire al lazzaretto.
È la peste con la caccia agli untori, la triste popolazione del lazzaretto, gli abitanti di Milano a mostrarsi nei suoi aspetti più tragici con il senso della morte e il disfacimento che è non solo fisico, ma anche morale.
“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrare con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto, ed è noto parimenti che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia“.
Ma anche il Decamerone di Boccaccio si apre con l’immagine drammatica della peste nera che colpì Firenze nel 1348 con il conseguente degrado della città.
Non esisteva alcun sentimento di pietà o di compassione perchè gli appestati venivano ignorati, abbandonati per strada mentre gli abitanti fuggivano nelle campagne per evitare il contagio.
Bellissimi i brani di Albert Camus tratti dal suo libro “La peste”:
“Il bacillo della peste non muore nè scompare mai, che può restare addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnanento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi tipi per mandarli a morire in una città felice“.
“Al principio dei flagelli e quando sono terminati, si fa sempre un po’ di retorica. Nel primo caso l’abitudine non è ancora perduta e nel secondo è oramai tornata. Soltanto nel momento della sventura ci si abitua alla verità, ossia al silenzio“.
Siamo portati inevitabilmente a riflettere sul fatto che le epidemie hanno inciso sulla storia, ma soprattutto a fare una considerazione: mutano i tempi, mutano i costumi, ma i precedenti storici che riaffiorano nella nostra mente ci illustrano una realtà passata che si riproduce quasi fedelmente nella nostra attualità.
L’umanità è percorsa dalla paura per l’attesa di una catastrofe.
Le epidemie sono da sempre foriere di atteggiamenti e reazioni emotive che mettono a dura prova i rapporti sociali, le relazioni umane.
Il nemico invisibile che contagia e che si espande a macchia d’olio, genera spesso comportamenti irrazionali, alimenta chiusure e sospetti.
Non va dimenticato che la natura umana ha nel suo Dna spinte egoistiche e che l’istinto di sopraffazione e di sopravvivenza sfodera tutte le armi di cui dispone per imporre la propria volontà.
La paura non aiuta, anzi rende più fragili, ma ci sono momenti della vita in cui non serve affidarsi alle proprie debolezze.
Si rivelano cattive consigliere.
Piera Messinese