Calabria, terra divina

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Io sono Piera, sono una donna, sono una madre, sono una blogger, sono una scrittrice e, dulcis in fundo, sono lametina, ergo terrona, della Terronia.

E con la parodia famosa, diventata in breve tempo un tormentone virale, che appartiene a Giorgia Meloni, mi sono così presentata.

Sì, sono felicemente terrona della terra di Calabria.

Credo che non tutti sappiano e che, perciò, valga la pena andare a passeggio nel passato, per ricordare che in tempi antichi le terre dell’attuale Calabria erano conosciute con la denominazione “Italia”.

Quindi, è stata la Calabria a dare il nome all’attuale Penisola Italiana.

E lo dico senza alcun accento polemico, perché questa è storia… e la storia racconta solo verità inconfutabili.

Brevemente, alcune notizie storiche della mia terra.

Il territorio calabro è stato abitato da diversi popoli, Aschenazi, Ausoni, Enotri (Itali, Morgeti, Siculi), Lucani, Bruzi, Greci, Romani.

In seguito fu il momento di Bizantini e Normanni, Angioini e Aragonesi.

I Greci sbarcarono in massa in Calabria per fondare alcune colonie che divennero forti e potenti tanto che si parlò di Magna Grecia.

Gli Itali erano gli abitanti della parte meridionale della Calabria prima della conquista romana, ma con l’imperatore Augusto il nome venne esteso a tutta la penisola italica.

Italo era un eroe della mitologia greca, Re degli Enotri.

Sono tante le leggende sul personaggio di Italo e ci sono diverse e autorevoli testimonianze.

Aristotele racconta che un leggendario Re Italo avrebbe conquistato la terra di Calabria.

“Divenne Re dell’Enotria un certo Italo, dal quale si sarebbero chiamati, cambiando nome, Itali invece che Enotri…

Italo, Re degli Enotri, da lui in seguito presero il nome di Itali e di Italia l’estrema propaggine delle coste europee delimitata a Nord dai golfi di Squillace e di Sant’Eufemia…”

Narra Tucidide:
Quella regione fu chiamata Italia da Italo, Re arcade…

Io sono orgogliosamente terrona.

Eh sì perchè, nonostante questo colorito epiteto veniva un tempo rivolto quale insulto dagli abitanti dell’Italia Settentrionale verso i Meridionali, io non l’ho mai interpretato tale.

Noi calabresi siamo terroni perchè le nostre origini sono quelle di contadini, che con umiltà e onestà lavoravano la terra.

Siamo figli di una terra che ha sfamato tanti calabresi poveri, ma dignitosi.

Ma cosa c’è di più bello della terra?

“Dall’agricoltura consegue il profitto più onesto, più stabile, meno sospetto: chi è occupato in quell’attività, non nutre pensieri malevoli.
Marco Porcio Catone.

La terra è generosa, produce, la terra accoglie, è vita!

La civiltà greca ha lasciato a noi calabresi un’eredità che non trova solo segni nelle bellezze artistiche di quello che io definisco il tempo di una bellezza eterna.

L’eredità che portiamo nel cuore è quella che per i greci si chiamava Xenia, il concetto di ospitalità.

Siamo un popolo generoso che spalanca le braccia, tende le mani, crede che nella condivisione si realizzino quelle catene umane solidali che fanno gli uomini grandi.

Sono terrona di Calabria… la terra bagnata dai due Mari, Ionio e Tirreno, quindi Mare Nostrum, la terra della Costa Degli Dei, la terra di Corrado Alvaro e di Leonida Repaci, la terra dei Feaci dell’isola di Scheria che Ulisse incontrò nel suo viaggio, la terra di Mattia Preti, di Gioacchino da Fiore e di Tommaso Campanella, è la terra che conosce verdeggianti pianure, distese fra mari e monti.

Non potete immaginare quanta magia vi sia nel tramonto di Helios “naufragato” nello Stromboli, candidato a patrimonio dell’UNESCO!

Non è possibile menzionare tutte le bellezze naturali e paesaggistiche. Sono decisamente troppe.
E cosa dire poi dell’invidiabile tradizione culinaria?

La Calabria è culla della dieta mediterranea. Basta dire soltanto questo: è una terra baciata dagli dei.

Il Sud è la patria del pensiero, laddove il contemplare eccede sull’agire“. Abbiamo le mani nella terra, ma, spesso e volentieri, lasciamo la mente libera di viaggiare.

Con questa bellissima citazione di Marcello Veneziani contenuta nel saggio “Ritorno al Sud“, termina il mio articolo non prima, però di aver invitato i lettori a toccare il suolo calabro almeno una volta nella vita. “Scendeva dai monti a caccia del Sud, cercatore del sole e del mare, Nietzsche col suo fratello invisibile Zarathustra. Aveva fame di Mediterraneo, di luce“.

Piera Messinese

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